domenica 11 gennaio 2015

La legalità del "noi"

Legalità è oggi una delle parole più utilizzate, di cui molto spesso si abusa tralasciandone il significato assoluto. Ne sentiamo parlare ovunque, quasi in modo retorico, a tal punto da lasciarci ingenuamente sfuggire l'essenza profonda che il termine racchiude.

Nella sua più classica accezione, è intesa come legalità la condizione di ciò che è conforme alle leggi, o che comunque ne rientra nei limiti. Ma sarebbe troppo banale limitarsi a concepire la legalità (così come la libertà) come qualcosa di astratto, come una realtà calata dall'alto e alla quale sottostare semplicemente perché ci viene imposto da un punto di vista strettamente giuridico. Infatti non si tratta soltanto di seguire passivamente un insieme di norme: la legalità è qualcosa che si nutre in primo luogo delle relazioni umane, e che su esse trova le sue basi.

Nel momento in cui l'uomo entra in contatto con i suoi simili è inevitabile quella "tappa obbligata" in cui egli vi si riconosce e comprende l'importanza della sua esistenza in virtù di quella degli altri. D'altronde, non potremmo affatto immaginare di esistere solo per noi stessi, come infinite identità isolate: ciascuna di esse, proprio perché diversa ha istintivamente bisogno delle altre per assumere pienamente significato, e quindi è solo nella collettività che può realizzarsi, completarsi. Ed ecco che l'uomo scopre che non sono esclusivamente i suoi bisogni a legarlo agli altri, ma soprattutto le responsabilità che ha verso di loro, gli effetti delle sue azioni su altri individui.

Proprio per questa ragione penso che si possa comprendere davvero il senso della legalità solo se considerata nella sua dimensione umana, ovvero quella dimensione in cui l'uomo, conoscendo i suoi simili e il mondo in cui vive, inizia ad imparare a distinguere, a fare in prima persona quelle scelte che lo definiscono, che orientano la direzione della sua esistenza: scegliere il bene o il male, l'amore o l'odio, il rispetto o la violenza, la coerenza o la superficialità.

Ciò a cui ogni uomo dovrebbe ambire è scegliere il bene, e non il "suo" bene individuale, ma quel bene corale che si alimenta di innumerevoli piccole buone azioni, di tante scintille di legalità che giorno dopo giorno, malgrado tutte le avversità e tutti i venti sfavorevoli, possano finalmente generare e mantenere vivo il fuoco inarrestabile della giustizia. E questo raro bene collettivo non può realizzarsi che attraverso un forte impegno, un appassionato coinvolgimento e un infaticabile desiderio di legalità da parte di ciascuno di noi, nessuno escluso; ogni individualità è chiamata ad agire per il bene, a sentirsi protagonista della società in cui vive e a cooperare con le altre individualità in vista di quella legalità tanto citata che altro non è e non può essere che la legalità del noi, la legalità del "solo insieme si può".

E se tutti iniziassimo a capire che l'illegalità esiste solo in quanto subdola distorsione della legalità, sarebbe facile e alla portata di chiunque ricorrere al solo antidoto possibile: il coraggio di scegliere il bene.

«Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola», ribadiva instancabilmente un uomo che a questo antidoto ha sacrificato la sua stessa vita...




Paolo Borsellino, Palermo, 19 gennaio 1940 - 19 luglio 1992

M. C.

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